Privacy su Internet non esiste: la prova
La Rete ci sorveglia e non dimentica. Ogni parola che digitiamo viene memorizzata per sempre e accostata alle tante altre che scriviamo negli anni. Mettendole una accanto all’altra, il web disegna il nostro esatto profilo.

In fin dei conti, lo sanno tutti. O, perlomeno, lo sospettano. Tutto ciò che viene pubblicato su Internet può essere digitalmente (ma non solo) utilizzato contro. I casi più noti riguardano gli strumenti più utilizzati in questo momento: i social network. Non solo è quasi impossibile non essere presenti o in maniera diretta (perché iscritti) o indiretta (perché citati da un amico).
Ma diventa impensabile non lasciare tracce. Cancellare un pensiero, un commento o una foto non è così semplice. Persino la strada per abbondare Facebook, il più popolare dei social media, è un percorso a ostacoli. Chi trae maggiori interessi a conoscere le nostre preferenze e abitudini è il mercato pubblicitario. Le inserzioni sono sempre più ad hoc e si basano sul personale uso del web.
Qualche esempio? Lo fornisce con una punta di ironia Riccardo Staglianò, nelle pagine del blog che cura per Repubblica.it. Dalla semplice ricerca di informazioni su Google a quel messaggio, spedito a un gruppo di discussione sulla pubblicità online che, 15 anni dopo, rispunta dalla Rete. “Avessi chiesto istruzioni per confezionare una bomba sarebbe stato lo stesso”.
Il servizio di posta elettronica Gmail ha una doppia funzione. Da una parte gli consente di spedire e inviare messaggi, dall’altra tutte le parole che utilizza si rivelano frecce nell’arco dei pubblicitari che, in un modo o nell’altro, riescono a scagliare contro l’utente sotto forma di banner e avvisi di ogni forma e colore. L’esperienza più stupefacente si palesa con le aziende incaricate di tenere traccia del comportamenti di aziende e utenti. “Dopo meno di un giorno l’emiliana TheDotCompany mi ha recapitato un rapportino che sembra vergato da un funzionario della Digos”.
Autore: Fabio Lepre