Riforma pensioni Renzi: quota 100, contributivo donna e uomini e altre soluzioni. Il prestito pensionistico non è adatto a tutti
Tra le ipotesi di modifica per uscita flessibile prestito pensionistico forse non tutti: calcoli, motivi ed eventuali alternative

Modificare l’attuale sistema pensionistico è un argomento di cui si discute ormai da tanti mesi, nel corso dei quali sono state avanzate diverse ipotesi di modifica, se ne è discusso per qualche tempo, ma poi puntualmente sono cadute nel dimenticatoio, come se non se ne fosse mai parlato e risulta piuttosto chiaro che dietro la volontà del governo Letta prima e dell’attuale governo Renzi di cambiare la previdenza italiana, o per le meno qualche suo messianismo, vi sia qualcosa di ‘intoccabile’ dietro. Questo qualcosa potrebbe essere rappresentato dalla cifra di risparmi garantita dalla legge Fornero, vale a dire ben 80 miliardi di benefici fino al 2021 e sembra piuttosto evidente, alla luce di questo dato, come, nonostante la rigidità dei requisiti imposti, si faccia fatica ad intervenire sull’impianto in vigore.
Cosa fare, dunque, perché il sistema pensioni venga ritoccato a favore di quanti chiedono un’uscita anticipata? Sono diverse le ipotesi anche ora allo studio del governo, tra sistema contributivo, prestito pensionistico, uscita flessibile a 62 anni e 35 anni di contributi e con penalizzazioni, ma non tutte potrebbero andare bene per tutti, a partire da quel prestito pensionistico di cui si parla dai tempi dell’ex ministro Giovannini.
Riproposto già mesi fa da Poletti, è stato rilanciato in questi giorni, dopo l’approvazione della nuova salvaguardia per gli esodati, come possibile soluzione strutturale per gli esodati stessi ma anche per permettere ai lavoratori che lo desiderassero di andare in pensione prima senza dover rispettare i criteri fissati oggi. Potrebbe dunque rappresentare il provvedimento capace di chiudere definitivamente la partita esodati, dal 2016, da quando cioè si esaurirà anche la sesta salvaguardia.
Con il prestito pensionistico, il lavoratore esodato prossimo alla pensione potrebbe decidere di lasciare il lavoro con due anni in anticipo, rispetto ai 66 anni e 3 mesi, o con 40 anni di contributi invece che con 42 anni e 6 mesi, ricevendo assegni Inps anticipati da restituire una volta maturata l’effettiva pensione con trattenute di qualche decina di euro al mese. Ma probabilmente questa soluzione non basta, perché tra i lavoratori prossimi alla pensione bloccati dalla legge Fornero vi sono anche tanti che nel 2012 avevano 30 o 35 anni di contributi e poco meno di 60 anni di età, lontani dunque anche dai requisiti per accedere eventualmente al prestito pensionistico.
Ed ecco che alla soluzione potrebbe essere quella di permette a tutti gli esodati di andare in pensione con le vecchie regole ma accettando un assegno calcolato con metodo contributivo, il che significherebbe un taglio del 25-30%. In pensione prima sì, dunque, ma non senza penalizzazioni. Del resto, però, le penalizzazioni sarebbero comunque previste in molti casi di pensione anticipata: andando per esempio in pensione a 62 anni con 35 anni di contributi, bisognerebbe fare i conti con le penalizzazioni che scatterebbero sull’assegno finale calcolate, in percentuale, per ogni anno in cui si è lasciato prima.
Allo studio anche la possibilità di permettere ai lavoratori privati la possibilità di andare in pensione anticipata con Quota 100, vale a dire avendo raggiunto i 65 anni di età e con 35 anni di contributi, mentre potrebbe essere esteso a tutti, uomini e donne, il sistema contributivo, che consentirebbe un’uscita a 57 per i dipendenti e a 58 per gli autonomi, purchè raggiunti i 35 anni di contributi e purchè si calcoli interamente l’importo del proprio assegno pensionistico finale con metodo, appunto, contributivo.