Pensioni: riforma e prepensionamento statali e privati Renzi a costo zero con penalizzazioni per entrambi. Altrimenti nulla
Il governo Renzi è alle prese con lo studio di soluzioni a costo zero per riformare le pensioni. L'attuale sistema economica restringe gli spazi di manovra.

La riforma delle pensioni sia in ambito pubblico sia in quello privato dipende dalla copertura economica. Se il governo Renzi riuscirà a trovarla ovvero se il Paese comincerà a crescere secondo le aspettative prospettate dallo stesso premier, allora le opzioni di manovra saranno maggiori e coinvolgeranno anche il sistema previdenziale. In alternativa tutto rimarrà fermo o dovranno essere trovate formule a costo zero per lo Stato. La famosa staffetta generazionale negli uffici statali non potrà mai essere 1 a 1. Le prime stime suggeriscono un rapporto di almeno un'assunzione ogni 3 pensionamenti.
Non solo, ma andando a leggere con attenzione le norme sulla riforma della pubblica amministrazione viene fuori come il prospettato turn over sarà avviato in base alla spesa e non alle unità lavorative. Analogo ragionamento va applicato nel settore privato, come più volte prospettato dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti.
Le principali difficoltà a cambiare le regole della legge Fornero vanno trovate nell'insostenibilità economica delle proposte di cambiamento fin qui elaborate, comprese quelle di rendere il sistema più flessibile per chi si ritira in anticipo dal lavoro.
La strada più sicura da percorrere è quella di riformare il sistema limitando i costi per lo Stato. E in effetti qualche idea è stata anche avanzata, come quella del prestito pensionistico. In buona sostanza al lavoratore prossima alla pensione che si trova in uno stato di disoccupazione, verrebbe corrisposta la somma necessaria per il congedo. E solo dopo la maturazione dei requisiti richiesti si provvederà alla restituzione senza interessi. Per favorire l'uscita anticipata c'è in ballo il sistema di calcolo sin da subito e per tutti con il metodo contributivo basato appunto sui contributi versati.
Per il lavoratore si tratterebbe di una soluzione economicamente svantaggiosa, ma potrebbe andare in pensione in anticipo. In ballo c'è anche l'applicazione di nuove percentuali di penalizzazioni per chi non rispetta i tempi del taglio del traguardo del ritiro purché siano raggiunti almeno 62 anni di età e versati 35 anni di contributi. Altre ipotesi immaginate in questi giorni, come il ritorno alle quote pre Fornero, appaiono di difficile applicazione per via dei costi elevati a carico dello Stato.