Programmatore italiano andare a lavorare all'estero....conviene? Intervista a chi l'ha fatto
Intervista ad Alex, un programmatore italiano che ha provatoa fare carriera come programmatore all'estero.
Domanda: Età e da quanti anni sei fuoridall'Italia?
Quasi 35, ed ormai è più di un anno che sonoandato via
Domanda: Dove sei stato e come hai maturato l'idea diandare via?
Per studio e per lavoro ho girato parecchi contesti ITinternazionali, tra cui la Silicon Valley. Ovviamente nonè la prima volta che mi sono trasferito all'esteroper lavoro ed attualmente mi trovo a Dublino.
Sono circa dodici anni che lavoro nel settore IT, certo lamia esperienza, la mia buona conoscenza dell'inglese e lamia precedente esperienza all'estero, mi hanno aiutatonon poco nel trasferimento, anche se la parola giusta sarebbe"emigrazione".
La mia decisione come quella di molti è maturata,ahimè, sopratutto a causa della crisi del settore IT,per come è gestito, soprattutto dal punto di vistadella fornitura di consulenza specialistica. Aziende chefanno solo da intermediari, senza nessunaprofessionalità. Basta vedere gli annunci su Moster,ad esempio, di esperti di "conoscenza di prodotti dinetwork" Inter Process Comunication di Unix, perrendersi conto che non sanno di cosa parlano.
Domanda: In Italia se hai più di 35 anni sei unvecchio e se sei senza una laurea ti è difficileinserirti in contesti competitivi: è lo stesso anchefuori?
Il discorso è un po' più complesso.È ovvio che in Italia, come ovunque, un titolo dilaurea è importante, ma è ovviamente ancheimportantissima la capacità e l'esperienza.
Ti faccio un esempio. Un mio collega trasferitosi qualchemese fa è un perito informatico con un'esperienzadi parecchi anni. Arrivato qua non ha trovato nessun problemaa trovare lavoro.
Il problema è che in Italia, se noti, in tutte leinserzioni vi è scritto che è "preferibilela laurea in ingegneria" anche se il lavoro richiestoè quello di fare data entry o scansionaredocumenti.
Bisognerebbe guardare assai in Italia, a quale figura sicerca, e scegliere quale tra i vari candidati"fitta" (scusa l'inglesismo) di più. Mail problema è che tante, troppe volte, le inserzioniche vedi in giro per i portali del lavoro sono per la maggiorparte fatte da aziende di 5 o 6 dipendenti che vendonoconsulenti ad altri e che troppe volte non sanno nemmeno lorocosa il cliente chiede e così, anche per scansionaredocumenti, cercano un ingegnere.
Per quanto riguarda l'età, io a 35 anni non hoavuto alcun problema ad inserirmi anche in contestiinternazionali importanti.
La differenza principale che ho riscontrato è che quiti cercano per le qualifiche richieste, e perl'esperienza accumulata, ed il concetto di body-rentalall'italiana qui è completamente inesistente.
Il recruiter è recruiter e basta. Vive sul supportonella ricerca del personale e non ha certo (come succedesempre in Italia) la commessa di terze parti.
Domanda: Comeci si sente a lavorare senza l'articolo 18 (quello cheobbliga il reintegro dei lavoratori)?
Bella domanda, io essendo stato consulente per parecchi anni,e avendo sulla testa il rischio del mancato rinnovo delcontratto in Italia, la sentivo una spada di Damocle chependeva ogni 3-6 mesi. Ora non avverto più questasensazione, anzi ti dirò di più: lì doveil concetto all'italiana del licenziamento non esistepersonalmente mi ci trovo assai meglio. Con il tipo di leggesul lavoro che vi è all'estero, non ne vedi didipendenti (come vedevo nel nostro paese) che leggono ilgiornale, invece di lavorare.
La meritocrazia, negli altri paesi, è sentita. InItalia, vale meno di zero. Il problema è tuttolì.
Domanda: Lo stipendio che percepisci rispetto alla media deilavori com'è e cosa ci puoi fare?
Generalmente lo stipendio rispetto agli altri lavori inIrlanda è superiore di 10k - 20k euro annui, e con letasse molto più basse rispetto a quelle italiane sivive assai bene.
Qui un informatico non lo vedresti mai a 24k euro lordiannui, anzi ho notato con piacere che il concetto di svenditaal ribasso non esiste. Se vali è giusto che ti paghinoper quello che vali.
Andrebbe spiegato anche in Italia.
Domanda: So che leggi P.I. e quindi conosci com'èla situazione delle Dilbert's company italiane, quiinvece come definiresti le company estere?
Beh si, PI lo leggo ormai da circa 10 anni.
Dilbert come sai è un fumetto statunitense, quindimolte " interessanti deformazioni professionali"del nostro settore sono peculiari ovunque tu vada, va dasé che ovviamente ci sono parecchi distinguo.
La qualità del lavoro nelle aziende all'esteroè elevatissima.
Sono riconosciute le capacità alle persone in mododiretto e anche in modo economico.
All'estero l'organizzazione del lavoro e dellastruttura funziona come un orologio.
Il concetto tutto italiano, "se un professionistaè bravo se ne va a chi importa" ètotalmente sconosciuto, se sei bravo, fanno di tutto perevitare che te ne vada.
La qualità e il valore sono regole riconosciute eaccettate, sopratutto nel settore IT americano, dove se valiriconoscono il valore e le capacità della persona.
Insomma, tirando le somme il mio giudizio è assaipositivo.
Domanda: Quanto sono importanti le persone dove lavori tu?
Parecchio, sono importanti e fondamentali per il ruolo chesvolgono all'interno della struttura aziendale ecooperano in modo strettissimo tra loro. Qui èimpossibile vedere un Sales che dice qualcosa al cliente seprima non è stato confermato dai tecnici o daglisviluppatori.
È impossibile vedere un Project Manager che nonsappia fare il suo lavoro, (come ogni tanto vedi in Italia)perché c'è qualcuno che lo ha messolì.
Insomma le persone sono importanti, e con loro si prendonoassai seriamente i ruoli che ricoprono.
Domanda: Come è avvertita l'innovazione da Voi?
Come fatto fondamentale ed economicamente importantissimo.Più una tecnologia è nuova ed è valida,e più all'estero si prende in considerazionevelocemente. All'estero, ad esempio, ho visto aziendenascere dopo pochi mesi che era uscito un rfc su un nuovotipo di protocollo. Una cosa simile in Italia sarebbe dafantascienza.
Domanda: Pensi che vi sia un IT capace e competitivo inItalia?
Sì esiste, ma è soffocato. Diciamolo una voltaper tutte: di tecnici in Italia, ci sono, e sono molto bravi,ma sono in mano ad un mercato italiano fatto di body-rental,di consulenze a mezzo servizio, e di contratti a progettorinnovabili.
Mi è capitato più di una volta di cercare dispiegare all'azienda che mi vendeva al cliente cosafacessi. Molte volte mi guardavano sgranando gli occhi erispondendo: "Non ci ho capito un acca"
Tira le conclusioni tu stesso.
Domanda: Quando dici che sei italiano e provi a raccontarecome si lavora in Italia cosa ne pensano i tuoi colleghi?
Se ci penso mi viene da ancora da ridere. Molte volte leaziende estere guardano increduli il tuo cv e ti chiedono (enon solo a me, è una domanda ricorrente a tutti iprofessionisti IT italiani trasferiti): "Perchéha cambiato cosi tante aziende in poco tempo? Ci sembrabravo, perché le aziende non hanno fatto in modo cherimanesse a lavorare dove era?"
Vaglielo a spiegare che molti lavori in Italia sono aprogetto con scadenza trimestrale-semestrale od annuale, perun'azienda dove sei consulente del consulente delconsulente, e che quando chiudono la commessa ti salutano eti mettono alla porta, fregandosene se sei Dennis Ritchie ol'ultimo arrivato.
Domanda: In Italia vi è la fuga delleprofessionalità, cosa ti indurrebbe a tornare?
Se vedessi un mercato IT come lo è in Irlanda inInghilterra o negli States, forse tornerei, ma in un paeseingessato economicamente e qualche volta mentalmente come ilnostro, lo vedo più un bel sogno che una futura econcreta realtà.
Domanda: Qualcosa di negativo però ci saràanche all'estero. Cosa c'è che gradisci dimeno?
Eh anche questa è una bella domanda. Credo non esserelingua madre, sia una cosa che dà fastidio. Parlareuna lingua diversa non è sempre facile.
Molte volte è difficile esprimere concetti complessi,o seguire una conversazione quando due persone di linguamadre si mettono a parlare molto velocemente, difficilmenteli segui, e dà fastidio chiedere ogni volta diripetere lentamente.
Va detto anche che un inglese che parlasse italiano edovesse seguire una nostra conversazione troverebbe glistessi problemi.
Parlare comunque una lingua che non è la tua, non emai facile, per quanto tu la conosca bene.
Per il resto, ci sono problemi di comunicazioni eincomprensioni un po' dovunque, indipendentemente se seiin Italia, negli States o in Australia.
La differenza che esiste tra il mondo di lavoro nostro equello estero è che i problemi dovuti da differentipunti di vista sono gestiti molto meglio.
Insomma a fatica, ma di punti di vista negativi non li vedoproprio, anche volendo cercarli come invece accadono sulloStivale.
Domanda: Come si riesce a far carriera all'estero? Mispiego. In Italia dopo un po' un tecnico o diventamanager o la sua carriera è bloccata. Qui comefunziona?
No, qui il tecnico fa la carriera del tecnico.
Prima si è tecnici, poi si diventa team leader poitechnical manager di più gruppi e poi via via semprepiù in alto e qualcuno può diventare anche CTO.Insomma il concetto di carriera bloccata non esiste,perché come ti dicevo prima, qui vali in base aciò che sei, non a chi conosci.
Certo ovviamente come in tutte le aziende, dipende da qualisbocchi ci sono e da quali sono le possibilità, cambiada azienda a azienda. Ma certo che qui su una cosa sonochiarissimi: ti dicono subito dove e quanto puoi salire.Più seri di cosi.
Domanda: È vero che il lavoro è spesso gestitoautonomamente? Il mito che si lavora per obiettivi ed iltempo lo gestisci tu è vero?
Si, tantissime volte ma è anche vero però cheesistono delle milestones (le milestones, per le aziende,indipendentemente dalla grandezza e dalla loroprosperità, sono fondamentali), per questo in quelcaso si lavora per l'obiettivo comune, e dipende sempredal contesto, dall'azienda e nel settore in cui siopera.
Comunque confermo che se non ci sono milestones od obiettiviprefissati, mi gestisco autonomamente.
Il miglior riconoscimento per il tuo lavoro qual èstato?
Aver sentito per la prima volta alcune frasi come:
"Bravo hai fatto un bel lavoro" ,
"Come mai il tuo collega non ci aveva pensato a questasoluzione?"
"Non ti preoccupare, è di miaresponsabilità la faccenda".
Parole che in Italia non ho mai sentito. In Italia se illavoro che fai è fatto bene, è una cosanormale, se è fatto male la colpa è la tua; sehai pensato ad una soluzione innovativa, ci aveva pensatoqualcun'altro (che non è mai vero, ma cosiminimizzano il tuo lavoro e poi non la applicano) esoprattutto la colpa è sempre la tua. Qualsiasi cosaaccada alla fine ti arriva in Carbon Copy una mail che diceche la colpa di tutto è del consulente. Nel "BelPaese" i meriti agli altri e le rogne a te.
Domanda: Consiglieresti ad altri di seguire la tua stessastrada?
Sì assolutamente, se si è sicuri di sé esi hanno le capacità e un'esperienza idonee.
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Mi sapreste dire se un programmatore Java all'estero conta???


Grazie