Che palle questa 'flessibilitā' e questi contratti COCO!!
Ma che palle questa flessibilità!! Chi è stufodei contratti COCO alzi la mano!
Il termine flessibilità, fino a pochi anni fa,indicava un nuovo modo di affrontare il mondo del lavoro cheavrebbe dovuto garantire maggiori possibilità dioccupazione per tutti.
Le aziende, secondo quanto prevedevano gli esperti didiritto al lavoro che hanno introdotto la flessibilitàin Italia, avrebbero utilizzato i contratti di collaborazionecoordinata e continuativa o di collaborazione saltuaria (percitare i due più famosi) solo per i primi mesi e soloper un numero limitato e determinato di dipendenti.
La "teoria" di questi esperti continuava dicendoche un lavoratore dopo pochi mesi di COCO (contratto dicollaborazione coordinata e continutativa), se avessedimostrato le sue qualità professionali, sarebbe statoassunto.
E invece?
Tutto questi buoni propositi sono rimasti un sogno, un belsogno.
Perchè, se è vero che i contratti dicollaborazione hanno permesso maggiori possibilitàoccupazionali, hanno anche fatto crescere in misuraesasperata l'incertezza e una sorta di precarietà,in particolare tra i giovani e soprattutto tra chi lavoranelle aziende della net-economy.
All'inizio, durante i primi mesi, uno non ci pensa,soprattutto se ha una età inferiore ai 25 anni e nonha ancora progetti di vita personale.
Ma poi?
Poi ci si accorge che secondo tali contratti, puoi esserelicenziato quasi da un giorno all'altro, non hai dirittoalle ferie, alla malattia, alla liquidazione, e hai solocontributi minimi a livello di pensione.
E così chi pensa più ad andare a vivere fuoricasa o a mettere su famiglia, quando ci si può trovaresenza lavoro da un giorno all'altro?
Inoltre molte banche vogliono garanzie supplementari per ilrilascio di un mutuo o di un prestito quando ci si trova concontratti di collaborazione.
E vero che ci sono dei diritti da parte di chi ha uncontratto simile, come quello di non avere obblighi dipresenza sul posto di lavoro o di orari, ma alla fine tutti(o quasi tutti) lavorano come dipendenti, con orari fissi pertutta la settimana.
Basti pensare a cosa succede nei call-center, dove lamaggior parte è assunta con contratti di COCO, maè assolutamente obbligata a rispettare rigidi turni inqualsiasi ora della giornata.
E in Italia non si fa niente per tutto questo, esaltando laflessibilità e chiudendo entrambi gli occhi suiproblemi che sta creando.
E così ci si trova con aziende senza dipendenti sullacarta, ma con 5-10 collaboratori in CoCo, che inrealtà lavorano come dipendenti, ma senza i dirittidei dipendenti.
Sottolineo ancora una volta che non sono ne di sinistra nedi destra, ma cerco di analizzare le cose che mi stannoattorno con la mia testa.
Qualcuno mi dirà: ma allora tu vuoi il posto fisso,come quelli del Comune o delle Poste? E lo dirà con unmoto di sdegno!!
Assolutamente no! Anzi, io sono un giovane imprenditore perscelta.
Attenzione: lo sono per scelta, perchè me la sento di"rischiare" e di lavorare in questo modo.
Ma tanti altri non hanno questa indole, e devono essererispettati da tutti noi lo stesso.
Chi vuole essere un libero professionista, puòiniziare con la ritenuta di acconto per poi passare, quandole cose iniziano ad andare bene, alla apertura dellap.iva
E gli altri?
Per gli altri il COCO può essere un giusto contrattoper i primi 6 mesi, per far valere le proprie qualitàprofessionali, ma poi basta.
Perchè devono condividere il rischio di una azienda(potendo essere messi alla porta quando si vuole sel'azienda va male) senza avere i benefici di talecondivisione, come la divisione sugli utili aziendali?
Cosa occorre fare, dunque? Eliminare laflessibilità?
Ancora una volta la risposta è assolutamente NO
Ma sicuramente occorre regolarla meglio, facendo rispettarele leggi che già ci sono e introducendone altre.
Ne va, e lo dico senza retorica, del futuro di molti di noi"giovani".
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